Food photography: learning in progress

La fotografia è un mondo che non finisce mai di stupirmi, e che non mi stanco mai di indagare: per chi, come me, ha imparato a fotografare “smanettando”, da autodidatta, ogni occasione è buona per scoprire qualcosa di nuovo.

Non fa eccezione il workshop di fotografia a cui ho partecipato lo scorso weekend, tenuto dal bravissimo fotografo Dario Milano e organizzato dalla mitica Juls in quel di Casole D’Elsa, una località bellissima immersa nella campagna toscana.

Dario Milano è un eccellente fotografo specializzato nel food, che ha lasciato l’Italia (e ha fatto bene, aggiungeremmo noi) per tentare fortuna in Australia, dove ha imparato il mestiere e si è fatto strada nella giungla dell’editoria, progetto che nel nostro paese sarebbe stato senz’altro difficile, se non impossibile, da realizzare.

Dario è un fotografo molto bravo ormai abituato agli standard grafici e culturali d’Oltreoceano: la differenza tra i suoi scatti (che potete vedere su Food Pixels) e quelli che si vedono nella maggior parte delle riviste italiane è davvero evidente. Il suo stile è fresco e insieme sofisticato, maschile e al contempo delicato ed elegante; ognuno dei sui scatti, per quanto realizzato in studio, racconta una storia, trasmettendo attraverso le immagini un feeling, un’emozione, complessi quanto – se non più – della realtà che vorrebbero riprodurre.

Ma vediamo un po’ di provare a fare il punto, benchè sia un’impresa difficile, su quello che ho imparato io da questo incontro.

Sin dai primi minuti del workshop, davanti a una tazza di caffè bollente, Dario ha spiegato a chi ancora non lo sapeva come fotografare – almeno in linea di principio – in modalità manuale. Questo è un argomento che il fotografo autodidatta non ha mai tempo (o voglia?) di approfondire, perchè la teoria sembra sempre meno importante o interessante della pratica; in realtà, qualche competenza di base su ISO, diaframma e tempi di esposizione è davvero fondamentale anche per chi coltiva la fotografia come hobby.
In una foto entrano in gioco così tanti fattori che ogni scatto è la sintesi di mille variabili, una magica alchimia che potrebbe trasformare il rospo in principe, ma anche il contrario.

Io sono abituata a fotografare con priorità di apertura, che vuol dire che lascio decidere alla macchina il tempo di esposizione: dato che i miei soggetti sono per lo più still life, ho sempre pensato che il tempo di esposizione fosse irrilevante.
Confesso ora di essermi sbagliata: ho scoperto grazie a Dario che toccare il tempo di esposizione manualmente significa a volte guadagnare quel po’ di luce in più che mi serve per fare una foto migliore senza cambiarel’apertura del diaframma o l’esposizione. Datemi retta, se vi dilettate di food fotography provate: potrebbe fare molta differenza. Poi, in condizioni di luce favorevoli francamente penso che continuerò a fare come ho sempre fatto, ma insomma – come si dice – impara l’arte e mettila da parte.

La seconda cosa su cui Dario ci ha illuminato è stata la fotografia in studio. Nessuno di noi possiede un’attrezzatura come quella di Dario, ma è stato davvero interessante comunque vedere come si prepara uno scatto in studio.
Ho sempre pensato che la luce naturale fosse migliore di qualsiasi altra luce, ma anche in questo caso sono stata smentita: con un flash, un softbox, un ombrello e pochi altri dispositivi si possono ottenere risultati tanto spontanei e true to life quanto quelli prodotti davanti a una finestra con la luce del giorno.

Guardate ad esempio questa classica torta di mele della nonna (la cui ricetta, by the way, potete trovare sul sito di Juls). La foto non è perfetta, anche perchè è stata scattata un po’ al volo, ma guardate la luce: non è bellissima?

Io non ho mai pensato allo studio come un’opzione interessante per me e per la mia attività di foodblogger, ma vedere un professionista come Dario all’opera fa davvero venire voglia di fare un passo avanti e cimentarsi con la fotografia a un livello un po’ più pro.
A questo proposito, aggiungo che è tutta colpa di Dario se ora penso che devo comprarmi una nuova macchina, un buon cavalletto, dei riflettori, un flash compatto e mille mila altre cose che dovrò dilazionare tra Natale, il mio compleanno e qualsiasi altra occasione di ricevere regali mi si presenti.

Al di là delle cose pratiche, comunque, ogni workshop di fotografia è un’occasione per crescere, un momento per confrontarsi con i propri modelli e provare a fare di più, sempre meglio.
In fondo, l’apprendimento è sempre in progress: di imparare… non si finisce mai!

Per questo, ringrazio di nuovo Dario e Giulia dell’opportunità preziosa che mi hanno dato: grazie amici!

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7 commenti

  1. post perfetto, io come te ho sempre scattato in priorità d’apertura, credendo fosse la cosa migliore, ma dopo la spiegazione ‘matematica’ del giochino dell’esposizione mi si è aperto un mondo, per davvero!
    sai che anche a me è venuta voglia di approfindire in due/tre ambiti legati al blog? sì, am vero.. dovrei mettermi a studiare a tempo pieno! menomale i workshop aiutano a istillare un po’ di curiosità e rubare qualche tecnica in poco tempo!

  2. che bello! avevo meno di vent’anni e andavo in giro per le montagne insieme ad un fotografo professionista che ci insegnava a fotografare. In mano la canon di mio padre (ovviamente pre eos, tutta manuale) e tanto entusiasmo. Purtroppo, così come quello che ho imparato e studiato a scuola e in univ, la memoria vacilla e non mi ricordo quasi più nulla. Quanto mi piacerebbe tornare a provarci! Il primo passo, però, è quello dell’acquisto di una reflex…. sono anni che lo dico, sono anni che lo desidero, ma c’è sempre qualche altra priorità (uffa!).
    Comincero anche io a segnarmi la lista per Natale e compleanno!!
    Un abbraccio e a presto! Lucia

  3. ormai, ragazze, siete inarrivabilmente brave. Anche le foto bellissime sanno fare, non solo i piattini deliziosi.
    Complimenti, davvero.

  4. te l’ho già detto che dopo il tuo corso di food styling non mi ricordo più dove, si vedeva che le tue foto avevano un’anima, ora chissà cosa ci farai vedere? ti invidio un pochino, mi piacerebbe tanto farne uno e, proprio oggi, il tuo post e quello di Babs, mi fanno pensare che sarebbe proprio ora! un bacio

  5. Eh-uhm, anche io fotografavo con priorità di apertura… Una volta trovato un posticino in bilico sul davanzale!!!! Prima invece, dato che la casa è veramente buia, con assoluta priorità di tempi, mano ferma e apnea!!!! ;) ora si continua in manuale totale, vediamo cosa esce… ;-P

  6. Bellissimo il post e l’esperienza..!!
    Sai che io da ignorante (o forse perché ho un complesso da iddish mame e devo controllare tutto)fotografo aggiustando i tempi di esposizione…Vabbé non mi dire non si vede..ecc ecc :-)…..prima o poi faró un bel corso..

    Baci, Simo

  7. Posso chiederti una cosa Jasmine? Anche io scatto sempre in priorità di diaframma però chiaramente poi gioco con la correzione dell’esposizione aumentandola o diminuendola a seconda che la scena sia più chiara di un grigio medio o più scura..In questo caso penso che si possa considerare lo scatto come se fosse gestitto in manuale…Anche tu usi correggere l’esposizione o no? Immagino di sì altriemnti presumo che le foto con sfondo molto chiaro ti verrebbero molto scurche si potrebbe avere usando la macchian in manuale rispetto all’uso della correzioen delle’esposizione? Grazie, Martina