Tershi di zucca
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Il tershi di zucca, o cershi che dir si voglia, è una tipica, antichissima ricetta ebraica tripolina.
Quando cena a casa mia, Manuel mangia a cucchiaiate ciotole intere di questa salsina, che lui chiama amichevolmente “marmellata d’aglio”.
In effetti il tershi è un dip piccante e molto saporito, che si serve come antipasto: non è l’ideale per un primo appuntamento romantico, ma credetemi… chi lo assaggia poi non può più farne a meno!

Tershi di zucca
Ingredienti
- 1/2 kg di zucca arancione quella di Halloween
- 2 spicchi d'aglio schiacciati
- 4 cucchiai di olio
- 1/2 cucchiaino di peperoncino in polvere
- 1/2 cucchiaino di cruija che in italiano è il carvi
- 2 cucchiai di aceto
Istruzioni
- Mettete la polpa della zucca tagliata a pezzi e l'olio in una padella antiaderente e lasciate cuocere la zucca col coperchio fino a quando non diventa così morbida da poter essere schiacciata con una forchetta, proprio disfatta.
- Aggiungete in padella il peperoncino e l'aglio e fate soffriggere la zucca così insaporita ancora per una decina di minuti; fatto ciò, aggiungete anche il sale e l'aceto e cuocete la zucca per un quarto d'ora, fino ad ottenere una crema densa e compatta, non liquida.
- In ultimo mettete in pentola con la zucca così cucinata anche il carvi, mescolando bene.
- Spegnete il fuoco, trasferite il tershi in una scodella e lasciatelo raffreddare.
Il tershi è un antipasto, lo potete mangiare da solo o col pane, ma in qualsiasi modo decidiate di mangiarlo… lo finirete in un batter d’occhio.
Ovviamente potete tentare di farne una conserva versandolo in vasetti sterilizzati e cuocendo questi ultimi, una volta riempiti, per qualche minuto in acqua bollente… ma perchè ve lo dico, poi? Lo finirete molto prima di aver avuto tempo di comprare i vasetti :)
P.S. Nel caso ve lo steste domandando, la parola si pronuncia tch-œr-shi, con accento sulla prima vocale; c’è chi lo scrive con la c iniziale e chi con la t, ma non c’è quasi differenza: diciamo che la versione con la t pare fosse la pronuncia “aristocratica” della parola, mentre l’altra è quella popolare.