Chiacchiere “alla giudia”
This post is also available in English
Il tema che Giulia, Valeria, Emiko ed io abbiamo scelto per l’appuntamento di Febbraio di Italian Table Talk, il nostro progetto sulla cucina italiana, è quello del Carnevale: in molte città italiane in questi giorni, infatti, si vedono già i bambini mascherati, con i loro coriandoli, e nelle vetrine dei fornai ormai da settimane fanno mostra di sè castagnole e chiacchiere.
Manca poco, però, anche a Purim, una festa ebraica molto simile al Carnevale, che quest’anno cade il 24 Febbraio; per questo, oggi vi racconto una ricetta di Carnevale, appartenente alla tradizione cattolica, “presa in prestito” dagli ebrei veneziani per celebrare Purim.
Purim è una festa ebraica molto gioiosa, durante la quale ricordiamo una delle tante volte in cui qualche cattivo – in questo caso un ministro di nome Aman sotto il regno di Serse, nel 450 a.C. – ha cercato di far fuori il popolo ebraico, fortunatamente senza successo (la mia sintesi è molto essenziale: potete leggere tutta la bella storia di Purim su Wikipedia).
Questa festa, come il Carnevale cattolico, è caratterizzata da allegria e sregolatezza: si mangia, si beve, si fa baldoria per le strade, e si permette ai bambini di travestirsi – come durante il Carnevale.
Vista la somiglianza tra le due feste, è facile spiegare come mai gli ebrei italiani abbiano adottato, per festeggiare Purim, uno dei cibi più tradizionali del Carnevale: le chiacchiere!
Le chiacchiere hanno mille nomi, a seconda delle regioni: frappe, cenci, donzelle, galani, bugie… voi come le chiamate? Per noi ebrei, si chiamano orecchie di Aman (da non confondersi con le altre orecchie di Aman, quelle degli ebrei ashkenaziti, fatte di pasta frolla), e invece di essere tagliate a strisce come avviene per le chiacchiere, sono triangolari.
Non so di preciso che senso abbia chiamare questi dolci orecchie di Aman, dato che spero che Aman non avesse orecchie triangolari: c’è chi sostiene che somiglino a un fantomatico cappello di Aman, chi invece sostiene che sia scritto – nel libro che tramanda la storia di Purim – che Aman, sconfitto, avesse finalmente abbassato la cresta (che in ebraico suonerebbe come “piegato le orecchie”), ma chi lo sa. A conti fatti, forse, non ha nemmeno grande importanza saperlo: la tradizione ha imposto questa forma, ed è bello conservare le usanze antiche, pur non conoscendone le ragioni.
Tra l’alto, mi viene in mente ora una storiella divertente sull’argomento delle tradizioni.
Una mamma ebrea dice alla figlia di tagliare la coda del pesce prima di metterlo nella teglia e infornarlo; la figlia, allora, chiede perchè si debba farlo, e la mamma le risponde di averlo sempre fatto, perchè così faceva anche sua mamma: le dice dunque di andare a chiedere informazioni alla nonna.
La ragazza va dalla nonna, e le chiede come mai sia lei che la mamma taglino la coda del pesce prima di metterlo nella teglia da forno, ma anche la nonna non sa aiutarla: anche lei, infatti, lo fa seguendo l’esempio di sua madre, cioè la bisnonna della ragazza.
Non resta che chiedere alla bisnonna: la ragazza si reca a trovarla e ripete la sua solita domanda. Scusa – le chiede – perchè sia tu, che la nonna, che la mamma, mettete il pesce in forno senza la coda? E la bisnonna risponde “non so perchè tua mamma e tua nonna lo facciano: io lo facevo solo perchè avevo una teglia troppo piccola, e non riuscivo a farci stare il pesce intero”.
Questa è una storiella molto ebraica: siamo ossessionati con le tradizioni, anche quando non hanno precisamente un motivo.
Adesso, dopo esserci fatti una risata, passiamo alla ricetta.
La ricetta originale è dell’amica Alessandra, del blog Dinner in Venice: se ancora non la conoscete, passate sul suo sito, che è interessantissimo!

Chiacchiere "alla giudia"
Ingredienti
- 275 g di farina 00
- 50 g di zucchero bianco
- 2 uova
- 1 presa di sale
- 2 cucchiai di grappa o vino dolce
- 2/3 cucchiai di latte halavì o succo d'arancia (parve)
- 3 cucchiai di olio di semi per l'impasto
- olio di semi per friggere
- zucchero a velo per servire
Istruzioni
- Versate la farina a fontana su una spianatoia o in una ciotolina capiente, poi unitevi tutti gli ingredienti e mescolate con un cucchiaio.
- Lavorate la pasta così ottenuta per 10 minuti, a mano, finchè la pallina di impasto non è liscia ed elastica, poi fate riposare l'impasto per 15 minuti, coperto con un velo di farina e avvolto in un canovaccio.
- Stendete l’impasto con il mattarello o con la macchina per fare la pasta, cercando di ottenere una sfoglia sottile, diciamo di 2 o 3 mm di spessore: se tirate la sfoglia a mano col mattarello ricordatevi di infarinare bene il piano di lavoro.
- Tagliate le sfoglie in rettangoli e chiudete due degli angoli aall'interno, per ottenere un triangolo: tagliate via eventuali parti di impasto di troppo, e tenetele da parte.
- Quando avete consumato tutto l'impasto utile per formare i triangoli, raccogliete i pezzettini avanzati: non potete impastarli due volte, perchè saranno troppo secchi, ma potete comunque friggerli e mangiarveli.
- Scaldate abbondante olio in una padella profonda e, quando l'olio è ben caldo (raggiunge i 180°, per chi ha un termometro da cucina), cominciate a friggere le sfoglie; l’olio è pronto quando, immergendo un po’ di pasta, questa inizierà a gonfiarsi di bollicine.
- Friggete le sfoglie per qualche minuto, girandole delicatamente mentre cuociono, fino a completa doratura.
- Scolate le sfoglie dorate su carta assorbente, poi servitele con abbondante zucchero a velo.
Non siete ancora sazi? Passate a scoprire i post sul Carnevale di Giulia, Valeria ed Emiko, e non dimenticate di seguirci su Twitter con l’hashtag #ITableTalk!